Al termine di un gruppo di terapia, due persone erano di fronte e a me a commentare i lavori appena effettuati: “E’ proprio vero –diceva la prima- , mia madre non mi ha mai permesso di occuparmi di me… con affetto, certo, ma mi ha sempre fatta sentire soffocata”. L’altra la interruppe -con lo sguardo duro, a lei abituale: “beata te, a me mia madre mi ha sempre trasmesso ostilità”.
Seguì un silenzio carico di significato e io commentai: quindi a te soffocamento, a te ostilità. E fu chiaro che non mi riferivo a ciò che avevano ricevuto, ma a ciò che ancora sentono oggi da adulte: la vita, gli altri, il lavoro, fanno sentire l’una spesso soffocata e l’altra rifiutata con ostilità.
E’ questa la rivelazione cruciale: la “canalizzazione con l’altro” è talmente caratterizzata dalle nostre prime esperienze che ogni situazione ci riporta lì e ci fa aspettare che accada ciò che in realtà accade soltanto perché ormai è programmato nella nostra testa che accada.
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